31 mag 2015

RECENSIONE: - SURVIVING SARAJEVO - GIANO LA SETTA

AUTORE: Giano La SettaCASA EDITRICE: Amazon.it
DATA PUBBLICAZIONE: 2014

"Che ti piaccia o no - che tu lo voglia o meno, lettore - verrai con me a fare un giro di giostra nella Sarajevo assediata. Vedi di non costringermi a tirarti per la manica come un marmocchio riottoso: i cecchini potrebbero notare i nostri armeggi e fare fuoco su di noi. Proprio come in quei videogame sparatutto che ti piacciono tanto. Occhio, però, che qui la scritta "game over" ha il sapore metallico del sangue. Il tuo."
Fabio Boksic, principe del foro a Milano e profugo sarajevese, ci trascina, mediante una ruvida narrazione in prima persona, nel dramma della guerra di Sarajevo, un orrore vicino nel tempo e nello spazio, un assedio omerico alle soglie del XXI secolo. Di fronte al quale l'Europa, e il mondo intero, hanno chiuso gli occhi.
Sono davvero impressionata da quanto mi sia piaciuto questo libro.

Oltre ad essere scritto in modo perfetto (intendo stile, ritmo, punteggiatura, correttezza grammaticale e lessico forbito e vario), mi ha spaccato il cuore. Non scherzo, sono rimasta distrutta per almeno 24 ore.

In un determinato punto (so che è brutto dire così ma non voglio fare spoiler) ho pianto come un vitellino separato dalla madre alla nascita, e da quel momento in poi le lacrime non hanno smesso di scendere. Quando riuscivo ad asciugare gli occhi per un paio di secondi, mi rimaneva un groppo in gola da deglutizione pressocché continua.

Non so quanto sia vera questa storia, so che è vero ciò che è successo a Sarajevo, e tanto basta.

Mi è venuta una voglia assurda di andare visitarla, ma soprattutto di conoscere quella Sarajevo di prima del ’92. Non sapevo fosse così multietnica e all’avanguardia, intellettuale e vivace. Quando nel romanzo è saltata in aria la Biblioteca, sono stata male, ma era relativamente all’inizio, quindi è stato solo il primo di una serie di pugni in faccia...

Ho adorato i molti punti in cui il narratore, Fabio Boksic, prende quasi a schiaffi il lettore: gli parla in modo diretto senza mezzi termini, prendendolo quasi un po’ per i fondelli, se mi si passa il termine. È duro Fabio Boksic: non concede tregue, non indora la pillola, non ti permette di chiudere gli occhi o dare giustificazioni, ma lo fa per una giusta causa, e lo fa con passione.

Mi sono innamorata di questo personaggio e della sua voce, anche se non è affatto una voce simpatica o che cerca di farsi piacere. È una voce quasi brutale nella sua sincerità. Mi sono innamorata della sua rudezza e bastardaggine, e della sua freddezza che nasconde un grande dolore e un cuore spezzato, ma in fondo appassionato e caldo.

Se dovessi dire qualcosa, una critica, a questo romanzo, direi che è troppo corto e che la parte iniziale, quella in cui si vede uno scorcio del presente di Boksic, rimane leggermente distaccata dal resto del testo e non “compiuta”.

Questi due punti, però, non hanno in minima parte inficiato la ricezione della storia da parte mia: mi ha coinvolto, emozionato e toccato profondamente.

Bellissimo.
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Bene, cominciamo.
Cominciamo col giustificare pubblicamente la mia prima domanda.
Innumerevoli volte ho chiesto a quest'uomo di chiamarmi "Manu" come fa tutto il resto del mondo. Ma lui no, lui mi chiama "Pigna". Se c'è una cosa che odio nella vita è sentirmi chiamare con quel cognome odioso, che è poi il mio. Facendo un breve calcolo, avendolo conosciuto in Febbraio ed essendo ormai a Giugno, si possono conteggiare circa 4 mesi di pietosissimi "ti prego, chiamami Manu", per poi sentirmi rispondere "ciao Pigna"; "il mio nome è Manuela, se proprio Manu non ce la fai", "ok Pigna".
L'ultima mia mail si chiudeva con supplichevole: "ok, anche Fata Turchina va bene."
Risposta sua: "... ottima definizione Pigna. Si', continuero' a chiamarti Pigna."
Quindi insomma, ormai sono rassegnata, ma alla luce di tutto questo, la mia prima domanda non poteva che essere:

Quanto della bastardaggine di Fabio Boksic c’è in te?

Io sono buonissimo. (Prima di uccidere sorrido sempre).

Aahah, ecco appunto... Chi sei? Racconta qualcosa di te, quello che vuoi.

Sono un solitario. (Lo ero anche la prima volta che ho fatto sesso).

Ahaha... Ehm, tornando seri, com’è nato Fabio Boksic?

Boksic è nato l'autunno scorso come il protagonista di un giallo a puntate su un sito che si chiama theincipit.com il cui schema di "gioco" prevede che alla fine di ciascuna delle dieci puntate si mettano tre opzioni per il proseguio votate dai lettori. Scrissi il primo capitolo direttamente a schermo, incuriosito da questo gioco letterario, senza alcuna idea né sul racconto, né su di lui: d'altronde era la prima volta che mi cimentavo a scrivere un racconto. Insomma, è nato per caso, per noia, per cazzeggio. Esattamente come sono nati molti di noi...

E Surviving Sarajevo?

Successe che questo Boksic - un eroe nero, negativo - piacque, nel suo piccolo, ai lettori di quel sito, così, finito quel giallo (che è - in nuce - abbozzato nell'incipit della versione lunga di Surviving Sarajevo), ho iniziato, sempre su quel sito, un nuovo racconto, di genere storico, dove narravo la vicenda personale di Boksic, una sorta di prequel, insomma. Pensavo a un raccontino di nicchia, buono magari per conoscere qualche altro appassionato di storia dei Balcani. Invece, già alla prima puntata, ci fu un numero (relativamente) enorme di voti e commenti.

Quando mi segnalarono il concorso (quello che tu chiami Fetecchia), avevo solo tre settimane per ampliarlo. Non ce l'avrei mai fatta se non fossi stato abbondantemente aiutato, nella redazione, da un'autrice/lettrice conosciuta proprio su quel sito, una che scrive benissimo e che ha avuto una notevole capacità di calarsi nel racconto e addirittura nel mio modo di scrivere. Oltre che di sopportarmi.

E’ una storia vera? Autobiografica? O ispirata anche in minima parte alla vita vera di qualcuno che conosci?

No. No. No.

Come fai a conoscere così bene Sarajevo? Ci sei stato? Oppure ti sei documentato solo virtualmente?

Ci andai anni fa e la visita mi emozionò enormemente. La città aveva ancora ben visibili le ferite della guerra: sui muri delle case, bucati dalle granate, sui marciapiedi, dove delle macchie di vernice rossa ricordano le stragi più sanguinose. Nella memoria collettiva dei sarajevesi: ricordo in particolare la guida che ingaggiai per una visita a piedi della città, un ragazzo coltissimo, che alla fine del giro si raccomandò di raccontare ai miei amici quanto fosse bella e sicura Sarajevo, "ché per risollevarci abbiamo bisogno che il mondo torni a farci visita". Spero, nel mio piccolissimo, di averlo fatto con Sarviving Sarajevo.

(Dopo quella visita, lessi tutto quello che mi capitò a tiro su Sarajevo, i Balcani e la guerra dei dieci anni).

Con me ci sei riuscito, una delle cose che ho provato fortemente durante la lettura è voglia di andare a visitarla. 

Trovo la copertina azzeccatissima (anche il titolo mi piace molto), come l’hai trovata? Conoscevi già quell’immagine? L’hai scelta tu?

Conoscevo l'evento da cui è tratta: per il ventennale dall'inizio dell'assedio, il 6 aprile 2012, nella strada principale di Sarajevo furono allineate 11.541 sedie vuote, tante quante le vittime dell'assedio e fu inscenato un grande spettacolo musicale. Un impatto scenografico dirompente e monumento all'orrore della guerra: quelle sedie vuote, color rosso sangue, rappresentano ciò che poteva essere (ciò che avrebbe dovuto essere) e non è stato, cioè la presenza di quelle persone; rappresentano "i loro sorrisi, spenti per sempre, le loro storie, interrotte e neglette. La città più piccola"

La foto, invece l'ha trovata la mia socia, abilissima anche come segugio.

Hai sempre voluto scrivere? Se no, come hai cominciato?

In realtà no. Mi è sempre piaciuto scrivere, ma sono sempre stato molto più appassionato alla lettura che alla scrittura.

Ho cominciato a scrivere qualche anno fa, quando mollai lo studio di avvocato dove lavoravo e fuggii in Nuova Zelanda, a raccogliere mele e kiwi (un'esperienza straordinaria accanto a ragazzi di tutto il mondo) e poi a zonzo per il Sud- Est asiatico (Bali, Homg-Kong, Singapore): in quei mesi aprii un blog di viaggio, che durò poco dopo la fine del viaggio.

Dunque la mia prima esperienza di scrittura (nel senso di un racconto più o meno compiuto) è stata il giallo con Boksic di cui dicevo prima e Surviving Sarajevo il primo racconto lungo.

Chi sono i tuoi autori preferiti?

Amo molto Kundera (specie i romanzi scritti in ceco, meno quelli scritti in francese), Agota Kristov (ah, la Trilogia della cittàdi K!), e in generale la letteratura mitteleuropea, ho regalato decine di copie di un libro che adoro, Eureka Street di Robert Mc Liam Wilson, mi piace leggere saggi e libri di storia. Leggo con passione gialli e noir (da Jo Nesbo a Carlotto). Potrei andare avanti per pagine e pagine, ma non voglio approfittare troppo del tuo spazio.

Il tuo libro preferito in assoluto.

Che domanda difficile. Non amo tirarmi indietro, quindi ti dico Eureka Street, che ho citato poco fa.

Tuoi progetti per il futuro.

Abbandonare l'avvocatura e aprire in bed&breakfast!

Futuro letterario... letterario... Sappi che sto scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo. Ora rispondi come si deve.

Ho pensato a un giallo ambientato a Sarajevo con protagonista il suo amico Max, che come forse ricordi, in Surviving Sarajevo si dice che diventò appunto commissario di polizia a Sarajevo.

Però prima di tutto, se avrò il tempo di riprendere in mano la penna, vorrei rendere più gradevole l'abitazione giovanile di Boksic, che ora come ora, come hai rilevato tu - si riferisce ad una conversazione privata -, è un poco angusta: fuor di metafora, vorrei ampliare un po' Surviving Sarajevo, migliorando alcuni balzi di narrazione (compreso l'incipit un po' avulso che mi hai giustamente appuntato - anche qui, sempre conversazione privata, e ora sembro una stronza! -) dovuti alla fretta con cui ho dovuto ultimarlo in vista del concorso. Fatto questo, mi piacerebbe dare forma anche alla casa di Boksic adulto, cioè ampliare il giallo Fuori Fuoco, con il quale ha preso vita sulla carta (invero sullo schermo...).

E questo è tutto per il momento.

Hasta siempre amici!

A CURA DI MANU









































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