31 mag 2015

REBECCA DOMINO

Sono una ragazza di 29 anni, abito in Toscana e ho la passione della scrittura sin da quando ero bambina. Un’altra mia passione sono i viaggi che mi hanno portato a visitare numerosi posti del mondo e a vivere per un anno a Londra. Da quando sono tornata, apprezzo ancora di più la mia terra e ho deciso di concentrarmi sulla scrittura. Infatti, nonostante questa mia passione sia nata quando frequentavo le scuole elementari, durante l’adolescenza ho commesso l’errore di scrivere sempre meno e, una volta finite le scuole superiori, di smettere del tutto per dedicarmi ad altre passioni che, però, non si sono rivelate tali.
Ho sempre voluto scrivere storie che possano insegnare qualcosa al lettore, oppure storie – denuncia. Ho sperimentato anche generi più commerciali, che però non mi si addicono. Prima di decidere di pubblicare qualcosa di mio, ho fatto passare anni e anni in cui ho affinato il mio stile, ho strutturato meglio i miei romanzi e, in generale, ho fatto esperienza, sia nel mondo della scrittura sia nella vita in generale. Naturalmente, mi piace molto leggere, anche se ultimamente sono piuttosto delusa dai libri tutti uguali che sembrano andare per la maggiore e dalla pochezza delle trame, ad ogni modo, sono d’accordo con il motto che dice “chi vive, vive la propria vita; chi legge, vive molte vite”, e lo stesso vale per la scrittura: senza dover comprare un biglietto aereo posso ritrovarmi in qualunque posto con la fantasia e, dato che non dispongo di una macchina del tempo, allo stesso modo, grazie alle ricerche storiche e all’immaginazione, posso tornare in periodi ormai lontani. Posso ritrovarmi al cospetto di personaggi illustri, vestire i panni di persone realmente esistite o inventare personaggi che non sono mai esistiti e camminare con loro nella Londra vittoriana, fra le strade della Parigi della Rivoluzione, nella Germania nazista… posso emozionarmi con i personaggi, con quegli amici che escono dalla mia mente e dal mio cuore, e finiscono sulle pagine di un libro. Tutto questo si chiama scrivere.
“ La mia amica ebrea” è il mio primo romanzo. Non è il primo che ho scritto, ho già decine di testi su cui poi dovrò lavorare con le ri – letture e l’editing, ma ho deciso di esordire con questo libro perché il tema che ho toccato mi sta molto a cuore, visto che racconta un lato dell’Olocausto di cui si scrive raramente.
La protagonista del romanzo, infatti, è Josepha Faber, una ragazzina tedesca di quindici anni, nata e cresciuta a Monaco. All’inizio del libro, siamo nell’estate del 1943, la Germania è in guerra da anni, Hitler è il dittatore assoluto e Josepha, come tutte le persone, è indottrinata dalla sua propaganda. La ragazzina pensa che gli ebrei siano il male, non mette in dubbio quello che sente dire in giro perché sono le parole pronunciate da Hitler stesso. All’inizio, provare simpatia per lei può essere difficile, per questo ho deciso di mostrare la sua vita quotidiana: i divertimenti e le incomprensioni con le amiche, le lezioni a casa della signorina Abt, il suo sogno di diventare una scrittrice, il rapporto con il fratello Ralph e con i genitori e, soprattutto, come la guerra sia una minaccia anche per lei. Josepha, infatti, vive nella costante paura di morire e dei bombardamenti; proprio per questo, cerca di fare tesoro di ogni momento di vita. Di quella vita che cambia in maniera indelebile quando una famiglia di ebrei bussa alla porta della casa della sua famiglia.
Questo è l’inizio della parte centrale del romanzo: qui entra in scena quella che io considero la coprotagonista della storia, Rina Binner, una quindicenne ebrea che, da anni, si nasconde con parte della sua famiglia.
Quando i Binner si nascondono nella soffitta della casa dei Faber, le vite di Josepha e Rina, così diverse eppure così simili, si mescolano, si sfiorano, per poi far sbocciare una bellissima, delicata amicizia. Non posso dire altro, però è un romanzo cui sono molto legata: non è solamente un romanzo sulla guerra, sulla morte, su quello che hanno dovuto subire gli ebrei durante il periodo nazista o su come fosse la vita per una giovane tedesca nel 1944. Sicuramente questi punti sono importanti, ma penso che sia anche una storia di crescita, perché, più passa il tempo, più vediamo i cambiamenti in Josepha, mentre passa dall’essere una bambina al diventare una giovane donna. E, naturalmente, è un romanzo sull’amicizia. E sulla vita.
C’è una frase che Rina scrive a Josepha: raccontami la vita.
Parlare di vita quando tutti pensano alla morte. È questo che ho cercato di far trapelare dalle pagine del romanzo: come la vita sia un diritto per tutti, e come nessuno abbia il diritto di governare quelle altrui, di togliere la vita a milioni d’innocenti. Questo è un romanzo di speranza, di forza e di coraggio: è un romanzo che vuole insegnare ai lettori che tutti siamo importanti e che le nostre decisioni hanno un peso e un valore. Josepha era “solo una ragazzina”, eppure, ha scelto di seguire il cuore e la coscienza. Non ha scelto di vivere passivamente, di nascondersi in un’esistenza sicura. Nonostante, per fortuna, adesso non siamo più messi di fronte a scelte così drammatiche, ognuno di noi deve prendere quotidianamente delle decisioni: spero di spronare le giovani lettrici a seguire il proprio cuore, quella vocina interiore che ci guida verso la strada giusta da seguire, verso la scelta giusta da compiere. Se, per esempio, vedi qualcuno che maltratta una tua compagna di scuola, che la prende in giro, non girare la testa dall’altra parte.
Inoltre, questo è un libro sul lato più nobile dell’essere umano, che si mostra sempre quando succedono delle tragedie.
In estate uscirà il mio secondo romanzo, diverso da “La mia amica ebrea” perché racconta la storia di una persona realmente esistita e quindi è stata una nuova sfida, per me, mettere su carta le emozioni e l’anima di qualcuno che ha vissuto, e poi ho molti altri progetti: romanzi già terminati che, come ho già detto, devono ancora essere riletti e sistemati, romanzi in fase di scrittura e altri che devo ancora buttare giù. Non voglio scrivere un unico genere, non voglio etichette: questo è un romanzo per ragazzi e giovani adulti, ho scritto altri romanzi per adulti e altri ancora per ragazzi di massimo quindici anni. Insomma, mi piace scrivere, non di tutto, perché ci sono generi che non mi piacciono e per i quali non mi sento portata, ma mi piace scrivere tutto quello che fa accelerare il battito del mio cuore, che può creare scalpore, interesse, che può essere controverso. In poche parole, mi piace scrivere. È l’unica cosa che mi rende felice e, fino a quando sarà così, continuerò indubbiamente a farlo.
27 GENNAIO 2014 GIORNATA DELLA MEMORIA
Lulu.com
pagine: 300
prezzo: 1.99 (ebook)
Amburgo, 1943. La vita di Josepha, quindici anni, trascorre fra le uscite con le amiche, le lezioni e i sogni, nonostante la Seconda Guerra Mondiale. Le cose cambiano quando suo padre decide di nascondere in soffitta una famiglia di ebrei. Fra loro c'è Rina, quindici anni, grandi e profondi occhi scuri.
Nella Germania nazista, giorno dopo giorno sboccia una delicata amicizia fra una ragazzina ariana, che è cresciuta con la propaganda di Hitler, e una ragazzina ebrea, che si sta nascondendo a quello che sembra essere il destino di tutta la sua gente. Ma quando Josepha dovrà rinunciare improvvisamente alla sua casa e dovrà lottare per continuare a sperare e per cercare di proteggere Rina, l'unione fra le due ragazzine, in un Amburgo martoriata dalle bombe e dalla paura, continuerà a riempire i loro cuori di speranza.
Un romanzo che accende i riflettori su uno dei lati meno conosciuti dell'Olocausto, la voce degli "eroi silenziosi", uomini, donne e giovani che hanno aiutato gli ebrei in uno dei periodi più bui della Storia.

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