WINTERS HEAT (serie Titan vol.1)
autopubblicato
Pagine 279
autoconclusivo ma parte di una serie
Ho cominciato a leggere Winters Heat perché ho un debole per
i romantic suspence e i military romance. La Harber su Goodreads dichiara
apertamente di essersi ispirata a Maya Banks, autrice che ho molto apprezzato
nella serie dedicata ai fratelli Kelly, e ad altre scrittrici come Lora Leigh,
Liliana Hart e Lori Foster.
La trama di questo romanzo non è male e l’inizio della
storia mi era sembrato molto promettente. Winters Colby, membro del gruppo
Titan, (ex militari che hanno scelto di lavorare in proprio), viene incaricato
di recuperare un’importantissima lista di nomi, la cui divulgazione metterebbe
in serio pericolo la sicurezza nazionale. Interessati allo stesso documento ci
sono anche un gruppo di spietati narcotrafficanti messicani e una psicologa di
una base militare.
Colby riesce a recuperare la lista di nomi dopo uno scontro
con i messicani, cui è presente anche la ragazza. Sorpreso di trovare una
comune civile in un contesto cui è chiaramente estranea, decide di portarla via con sé. Mia Kensington
è in realtà una psicologa che opera presso una base militare. Il suo ultimo
paziente, un soldato in missione in Sud America, muore dopo averle lasciato le
indicazioni per recuperare un documento che lui stesso aveva redatto e che
contiene i nomi di tutta una serie di importanti esponenti del mondo politico e
militare, coinvolti nel traffico di droga e di esseri umani.
Metà del romanzo si basa sui due protagonisti in fuga e
sull’amore che nasce tra loro: battibecchi e sesso incluso, ovviamente.
Ora non avrei nulla da ridire se non fosse per il fatto che
la scintilla tra loro scocca davvero troppo presto.
Immaginate di aver appena messo ko due spietati assassini,
dopo aver usato del gas lacrimogeno e dopo un feroce corpo a corpo. Avete
praticamente rapito una donna recalcitrante e siete partiti sgommando. A questo
punto voi cosa fareste? Vi concentrereste sulla missione o sulle gambe della
graziosa fanciulla?
Dopo neanche dieci minuti di conversazione (fatta in un
furgone che fugge a dei narcotrafficanti) Winters Colby accosta un attimo per
baciare con passione la deliziosa Mia di cui praticamente non sa nulla!?!
E lei, che fino a quel momento ha reagito con violenza
credendovi un brutale killer, che fa? Vi stacca la lingua a morsi? Ovviamente
no.
Voglio essere buona, fingiamo sia colpa dell’adrenalina e
del momento di shock. Se posso far passare l’attrazione immediata, storco però il
naso quando si comincia a parlare di amore e di sentimenti profondi.
Trovo che questo romanzo aveva tutte le carte in regola per
essere una storia interessante, se non fosse stato per due aspetti. Il primo è
proprio quest’amore istantaneo tra i due, il secondo è l’esasperazione di
alcuni tratti caratteriali che hanno trasformato i due protagonisti in una
specie di stereotipo di loro stessi. Mi spiego meglio.
Va bene che sei un ex Seal con muscoli d’acciaio, ma non è
detto che devi parlare come un GI Joe con il cervello grande quanto una
nocciolina. Idem per Mia. Sei una psicologa ma sei prima di tutto una donna,
passi la deformazione professionale, ma psicanalizzare ogni cosa mi è sembrato
un pochino esagerato. In alcuni casi i suoi ragionamenti mi sono sembrati
davvero portati al limite, giusto per sottolineare che lei è una psicologa e
quindi analizza tutto.
In compenso, un merito di questo romanzo è quello di
stereotipare così tanto i personaggi da renderli quasi una caricatura di loro
stessi, perciò intrinsecamente simpatici. Non sono sicura che questo fosse
l’intento dell’autrice, però ho riso come una matta quando Mia, ingelosita da
una conversazione telefonica in cui Colby pronuncia la parola “Love”, gli
chiede con chi stesse parlando. Lei è certa
si tratti della moglie o di una fidanzata. Immaginate la mia faccia e quella
della protagonista quando con candore l’omone tutto muscoli risponde che parlava
con l’amata mamma! Che tenerone.
Strepitose poi le scene di sesso. Essendo un militare
l’autrice ha giustamente pensato che usare le parole “detonare”, “esplodere”,
“napalizzare” usate in un contesto per lo più sessuale fosse appropriato. Forse
lo era, ma da italiana che legge inglese le ho trovate davvero buffe. Detonare
un organo sessuale è un’espressione un po’ comica, no?
Non saprei consigliarvi se leggerlo o meno. Non mi ha fatto
impazzire se devo dirla tutta, anche se giuro di aver riso parecchio.
Francamente, come lettura d’esercizio l’ho trovata complessa
per via delle mille abbreviazioni usate dall’autrice. “Mop” sta per “missione
operativa” ma giuro che per prima cosa ho pensato al mocio per lavare i
pavimenti. Acronimi e abbreviazioni sono fortemente presenti e qualche volta,
ammetto che mi hanno messa in difficoltà.
Giudizio complessivo: così così.
RECENSIONE A CURA DI MISST
misst.books@gmail.com
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