La protagonista, Emma Woodhouse è una giovane donna bella, ricca e intelligente; figlia della benestante borghesia inglese, diventa amica di Harriet Smith, una donna di ben diverse fortune. Ma Emma, senza tener conto della differenza di classe sociale, si ostina a voler trasformare l'amica in una donna di grande fascino, un essere costruito a sua immagine e somiglianza. E nel frattempo non esita a intrecciare un flirt con un giovanotto, Frank Churchill...
Confesso che Miss Emma Woodhouse non mi è troppo simpatica. Ma a ben guardare, nessuno dei personaggi di Jane Austen mi piace veramente: i romanzi in sè - intendo le storie e il modo in cui sono costruite - sono fantastici; i personaggi però hanno sempre qualcosa di eccessivo che li rende ameni oggetti di un interesse storico-archeologico più che veramente umano.
Sono troppo introversi, troppo modesti o al contrario troppo vivaci, o troppo stupidi, o troppo pomposi, o troppo ligi all'etichetta. O troppo ricchi e orgogliosi. O troppoqualcos'altro.
Emma è decisamente troppo piena di sè e risulterebbe francamente insopportabile se la sua autrice per prima non la rendesse bersaglio della propria ironia, oltre che della propria indulgente simpatia.
Il personaggio infatti ci viene così presentato: "Bella, intelligente, ricca, con una casa fatta per viverci bene e un'indole felice, Emma Woodhouse sembrava riunire alcuni dei beni più preziosi della vita. [ ... ] In realtà, il guaio vero della situazione di Emma erano la possibilità di fare un po' troppo a modo suo e una certa tendenza a pensare un po' troppo bene di se stessa - due svantaggi che minacciavano ormai di turbare i suoi molti diletti ma che, il pericolo essendo ancora inavvertito, non avevano peraltro assunto l'aspetto di malanni". [trad. di Bruno Maffi]
Si noti l'accorta ironia di quel "sembrava" e di quegli "un po'", per non parlare poi dell'altrettanto accorta scelta di termini quali "preziosi", "svantaggi" e "diletti", quest'ultimo in accostamento al verbo "turbare".
Emma insomma, che a differenza di altre eroine austeniane non ha problemi economici nè avverte minacce al proprio status sociale, ha un unico vero cruccio: si annoia da morire. E data la sua nature fattiva ed impicciona, non può astenersi dal combinare un sacco di guai, nessuno dei quali - per fortuna - è davvero irreparabile.
Dall'alto della profonda esperienza conferitale dai suoi ventun anni, Emma si crede molto accorta e attenta, furba persino: in realtà è vittima di molti fraintendimenti, false convinzioni ed errori di valutazione che la portano quasi sempre a capire poco di tutto e di tutti.
In particolare, si è messa in testa di essere bravissima a combinare matrimoni, a capire chi sia l'uomo più giusto per la donna più giusta, e di tale convinzione fanno allegramente le spese amici e nemici. E (qui sta l'ironia) ne fa le spese lei stessa, che sino all'ultimo non si accorge di essere profondamente amata da quel bel campione del sesso forte che è Mr. Knightley... il quale, sia detto per inciso, grazie alla sua forza morale e al suo buon senso, non meno che grazie al suo sense of humour, è probabilmente l'unica creatura al mondo in grado di apprezzare, arginare ed eventualmente correggere Miss Emma Woodhouse.
In un certo senso, comunque, il comportamento di Emma è comprensibile: non tanto perchè sia abituata ad essere libera e viziata, ma piuttosto perchè si trova in una situazione forse esilarante per il lettore, ma certo per lei abbastanza difficile.
Orfana di madre sin da piccola, perde anche la sua amica-governante, che si sposa ed inizia una nuova vita (alla distanza di un paio di chilometri... ). Sua sorella vive a Londra con il prosaico marito e un mare di bambini.
Ad Emma cosa rimane? Una grande casa da governare, un vecchio padre ipocondriaco e rompiballe (da lei comunque molto amato), l'amicizia della frigida Miss Jane Fairfax, troppo perfetta per essere vera (e infatti si scopre poi che perfetta non è) e infine il presunto e da molte parti auspicato corteggiamento di quel simpatico cretino che è Frank Churchill.
Per non parlare poi dell'atmosfera generale del villaggio di Highbury, che vorrebbe a tutti i costi sembrare molto meno provinciale di quel che in realtà è.
Emma in definitiva deve fare qualcosa: peccato però che quasi tutto ciò che fa sia praticamente sbagliato. Errare humanum est, perseverare diabolicum... ma si suppone che con il matrimonio Emma si darà una calmata.
Il romanzo, la cui forma possiede la consueta straordinaria eleganza, è insomma una specie di divertente commedia degli errori.
Molti sono gli incroci degli eventi, molte le coincidenze. Anche se poi alla fine ci si accorge con una punta di sorpresa che l'ineffabile Jane Austen ha costruito un bellissimo e lunghissimo romanzo quasi sul nulla.
Sono troppo introversi, troppo modesti o al contrario troppo vivaci, o troppo stupidi, o troppo pomposi, o troppo ligi all'etichetta. O troppo ricchi e orgogliosi. O troppoqualcos'altro.
Emma è decisamente troppo piena di sè e risulterebbe francamente insopportabile se la sua autrice per prima non la rendesse bersaglio della propria ironia, oltre che della propria indulgente simpatia.
Il personaggio infatti ci viene così presentato: "Bella, intelligente, ricca, con una casa fatta per viverci bene e un'indole felice, Emma Woodhouse sembrava riunire alcuni dei beni più preziosi della vita. [ ... ] In realtà, il guaio vero della situazione di Emma erano la possibilità di fare un po' troppo a modo suo e una certa tendenza a pensare un po' troppo bene di se stessa - due svantaggi che minacciavano ormai di turbare i suoi molti diletti ma che, il pericolo essendo ancora inavvertito, non avevano peraltro assunto l'aspetto di malanni". [trad. di Bruno Maffi]
Si noti l'accorta ironia di quel "sembrava" e di quegli "un po'", per non parlare poi dell'altrettanto accorta scelta di termini quali "preziosi", "svantaggi" e "diletti", quest'ultimo in accostamento al verbo "turbare".
Emma insomma, che a differenza di altre eroine austeniane non ha problemi economici nè avverte minacce al proprio status sociale, ha un unico vero cruccio: si annoia da morire. E data la sua nature fattiva ed impicciona, non può astenersi dal combinare un sacco di guai, nessuno dei quali - per fortuna - è davvero irreparabile.
Dall'alto della profonda esperienza conferitale dai suoi ventun anni, Emma si crede molto accorta e attenta, furba persino: in realtà è vittima di molti fraintendimenti, false convinzioni ed errori di valutazione che la portano quasi sempre a capire poco di tutto e di tutti.
In particolare, si è messa in testa di essere bravissima a combinare matrimoni, a capire chi sia l'uomo più giusto per la donna più giusta, e di tale convinzione fanno allegramente le spese amici e nemici. E (qui sta l'ironia) ne fa le spese lei stessa, che sino all'ultimo non si accorge di essere profondamente amata da quel bel campione del sesso forte che è Mr. Knightley... il quale, sia detto per inciso, grazie alla sua forza morale e al suo buon senso, non meno che grazie al suo sense of humour, è probabilmente l'unica creatura al mondo in grado di apprezzare, arginare ed eventualmente correggere Miss Emma Woodhouse.
In un certo senso, comunque, il comportamento di Emma è comprensibile: non tanto perchè sia abituata ad essere libera e viziata, ma piuttosto perchè si trova in una situazione forse esilarante per il lettore, ma certo per lei abbastanza difficile.
Orfana di madre sin da piccola, perde anche la sua amica-governante, che si sposa ed inizia una nuova vita (alla distanza di un paio di chilometri... ). Sua sorella vive a Londra con il prosaico marito e un mare di bambini.
Ad Emma cosa rimane? Una grande casa da governare, un vecchio padre ipocondriaco e rompiballe (da lei comunque molto amato), l'amicizia della frigida Miss Jane Fairfax, troppo perfetta per essere vera (e infatti si scopre poi che perfetta non è) e infine il presunto e da molte parti auspicato corteggiamento di quel simpatico cretino che è Frank Churchill.
Per non parlare poi dell'atmosfera generale del villaggio di Highbury, che vorrebbe a tutti i costi sembrare molto meno provinciale di quel che in realtà è.
Emma in definitiva deve fare qualcosa: peccato però che quasi tutto ciò che fa sia praticamente sbagliato. Errare humanum est, perseverare diabolicum... ma si suppone che con il matrimonio Emma si darà una calmata.
Il romanzo, la cui forma possiede la consueta straordinaria eleganza, è insomma una specie di divertente commedia degli errori.
Molti sono gli incroci degli eventi, molte le coincidenze. Anche se poi alla fine ci si accorge con una punta di sorpresa che l'ineffabile Jane Austen ha costruito un bellissimo e lunghissimo romanzo quasi sul nulla.
LADYJACK
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