15 dic 2019

RECENSIONE: - IL GIOCO DEL SILENZIO - ROB KELLER


IL GIOCO DEL SILENZIO
Rob Keller
2019

Una famiglia maledetta. Una villa piena di segreti. Con una sola regola: se parli, muori.


Cristina era una criminologa, forse la migliore, ma ha lasciato la professione per occuparsi a tempo pieno di suo figlio Leone, che soffre di un disturbo di iperattività. Ma questa è solo la versione ufficiale, che ha creato per ingannare persino se stessa. La verità è che l’ultimo caso della sua carriera l’ha letteralmente distrutta, costringendola a cambiare vita e a rifugiarsi in una routine scandita da rigorose abitudini. Poi, un giorno, il telefono squilla. Uno zio a lei molto caro si è suicidato, nel paese sul lago di Como dove è cresciuta e dal quale è fuggita molti anni prima. Troppi incubi, troppi fantasmi, per Cristina, in quelle acque scure e profonde. Tornare sul lago significa ritrovare suo padre, con il quale ha un rapporto tormentato, e soprattutto rimettere piede nella Villa degli Orologi, la spaventosa tenuta dalla quale i Radlach controllano non solo gli affari di tutta la zona, ma anche le vite di chi vi abita. La donna resiste con ogni forza alla tentazione di indagare sulla morte dello zio, perché intuisce che la verità si annida nel groviglio di segreti che lega la storia della sua famiglia a quella dei Radlach. Ma quando Leone troverà in soffitta un orologio da taschino con una misteriosa dedica, diventerà impossibile non aprire il cassetto doloroso dei ricordi.


Il gioco del silenzio è il romanzo d'esordio di Rob Keller, autore che ha vissuto per molti anni nei pressi del lago di Como dove ha svolto il lavoro di mastro orologiaio.
E proprio per questi trascorsi, non è un caso se ha deciso di ambientare il suo thriller proprio in quel posto 
e utilizzare la sua ex esperienza lavorativa.
La nostra protagonista è Cristina, una criminologa che dopo un caso particolarmente difficile, si è dedicata a fare la madre e la casalinga. Vive a Milano con il marito e il figlio Leone che soffre di iperattività. Un giorno riceve da suo padre la notizia che lo zio si è suicidato e che deve tornare nel paese sul lago di Como dal quale era fuggita molti anni prima e dove suo padre e suo zio vivevano ancora. Entrambi, infatti, lavoravano come mastri orologiai nella villa degli Orologi della potente famiglia Radlach.
Arrivata lì, il padre di Cristina, con il quale ha sempre avuto un rapporto conflittuale, cerca di convincerla che in realtà non si è trattato di suicidio ma di omicidio. Cristina non vuole restare e fa di tutto per soffocare la sua deformazione professionale ma pian piano si accorge che c'è davvero qualcosa che non va e non può restare a guardare.
La storia è raccontata principalmente dal punto di vista di Cristina tra passato e presente e lo stile è scorrevole e semplice ma nel mio caso mi ha trasmesso poca suspense. Eppure l'idea di base era davvero buona e affascinante.
Alcuni aspetti della trama risultano prevedibili, e i personaggi sono tanti ma caratterizzati in maniera superficiale, l'unica a salvarsi è Cristina anche se risulta cordialmente antipatica. Non sono riuscita a entrare in sintonia con lei né a simpatizzare nonostante quello che ha passato e quello che è costretta ad affrontare.
Anche le questioni familiari (tra Cristina e il padre), il rapporto tra la famiglia di Cristina e i Radlach, il passato che condiziona probabilmente andava approfondito meglio.
Per quanto riguarda le descrizioni dell'ambiente e del lavoro di mastro orologiaio sono il punto forte del romanzo: curate, interessanti e non appesantiscono la trama.
Questo romanzo non mi ha convinto. Peccato. 

Copia Fornita dall'Ufficio Stampa e/o Casa Editrice e/o Autore

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